Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 ricorrente contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Regione pro-tempore, con sede legale in Genova, via Fieschi n. 15 intimata per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 47 della legge della Regione Liguria n. 20 del 28 dicembre 2023, recante «Disposizioni collegate alla legge di stabilita' della Regione Liguria per l'anno finanziario 2024 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2024-2026)», pubblicata nel B.U.R. n. 17 del 30 dicembre 2023, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 26 febbraio 2024. Sul B.U.R. della Regione Liguria n. 17 del 30 dicembre 2023 e' stata pubblicata la legge n. 20 del 28 dicembre 2023 recante «Disposizioni collegate alla legge di stabilita' della Regione Liguria per l'anno finanziario 2024 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2024-2026)». Il Governo ritiene che le disposizioni introdotte dall'art. 47 della legge in esame, rubricato «Disposizioni in materia di libera professione intramuraria della dirigenza sanitaria», violino: i principi fondamentali in materia di «tutela della salute», ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., derivanti dalla normativa interposta statale; la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), Cost.; il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., per le ragioni che di seguito si andranno ad esporre. Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti M o t i v i 1. Illegittimita' dell'art. 47 legge regionale Liguria n. 20/2023, per violazione dei principi fondamentali in materia di «tutela della salute» di cui all'art. 117 comma 3 Cost., desumibili dalla normativa interposta statale (legge n. 120/2007 e successive modifiche ed integrazioni), nonche' dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost. in materia di «ordinamento civile» e del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 1.1. L'art. 47, comma 1, legge regionale n. 20/2023 risulta illegittimo laddove prevede che, in via transitoria e fino al 2025, i dirigenti sanitari dipendenti dal SSR che abbiano optato per l'esercizio dell'attivita' libero professionale intramuraria (ALPI) possono operare nelle strutture sanitarie private accreditate, anche parzialmente, con il SSR. La norma regionale non appare rispettosa dei principi fondamentali della materia «tutela della salute» desumibili dalla disciplina interposta statale, in particolare dall'art. 1, comma 4, della legge n. 120/2007, secondo cui l'ALPI viene esercitata in strutture ambulatoriali interne o esterne all'azienda sanitaria, pubbliche o private «non accreditate», con le quali l'azienda stipula apposita convenzione. Con la censurata disposizione, invece, il legislatore regionale ha ampliato l'ambito di operativita' dell'ALPI consentendone lo svolgimento anche in strutture sanitarie private accreditate, sia pure parzialmente con il Servizio sanitario nazionale, in tal modo tradendo la logica ispiratrice della disciplina statale che tende a circoscrivere il perimetro entro il quale puo' esplicarsi la libera prestazione intramuraria. A livello statale, infatti, l'ALPI e' oggetto di una disciplina puntuale, dettata «al fine di garantire il corretto equilibrio tra attivita' istituzionale e attivita' libero-professionale intramuraria» (cfr. art. 22-bis, comma 4, decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, inserito dalla legge di conversione n. 248/2006). La medesima esigenza ispira anche la disciplina concernente la «intramoenia allargata» (ALPI svolta in spazi sostitutivi fuori dall'azienda); tutte le disposizioni che l'hanno consentita (art. 3, comma 1, decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 254, modificato dall'art. 1, comma 1, decreto-legge 23 aprile 2003, n. 89, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 giugno 2003, n. 141, successivamente, dall'art. 1-quinquies, comma 1, decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 149 e, successivamente, dall'art. 22-bis, comma 2, decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), infatti, hanno sottolineato l'eccezionalita' e la transitorieta' dell'utilizzo di spazi sostitutivi al di fuori dell'azienda e, in alternativa, degli studi professionali. L'art. 22-bis, comma 3, del decreto-legge n. 223/2006, converzione dalla legge n. 248/2006, ha ribadito l'autorizzazione all'utilizzo, in via straordinaria e previa autorizzazione aziendale, del proprio studio professionale per l'esercizio dell'ALPI, che e' stato ammesso dal legislatore, in via straordinaria, entro limiti temporali piu' volte prorogati (per la cessazione delle autorizzazioni di cui al citato comma, cfr. art. 1, comma 4, legge 3 agosto 2007, n. 120, come modificato dall' art. 2, comma 1, lettera b), decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189). Ne' indicazioni di segno diverso sono desumibili dal decreto-legge n. 158/2012, come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012, che, nel sostituire il primo e il secondo periodo del comma 4, art. 1, legge n. 120/2007, ha previsto (art. 2, comma 1, lettera b]) che la ricognizione straordinaria degli spazi da dedicare all'ALPI doveva essere completata entro il 31 dicembre 2012 e che gli spazi ambulatoriali potevano essere acquisiti anche tramite l'acquisto o la locazione presso strutture sanitarie autorizzate, ma pur sempre «non accreditate», nonche' tramite la stipula di convenzioni con altri soggetti pubblici. Il comma 1 dell'art. 47 legge regionale n. 20/2023 viola, dunque, il principio fondamentale della materia, desumibile dalle norme statali interposte sopra richiamate (in particolare dall'art. 1, comma 4, legge n. 120/2007 e successive modifiche ed integrazioni), che consente lo svolgimento della libera professione intramuraria presso «strutture non accreditate». 2. E' illegittimo, altresi', il successivo comma 2 dell'art. 47, laddove prevede che, in via transitoria e per ridurre le liste di attesa, le aziende sanitarie, gli enti e gli istituti del SSR sono autorizzati, fino al 2025, ad acquisire dai propri dipendenti della dirigenza sanitaria a rapporto di lavoro esclusivo, in forma individuale o in equipe, prestazioni sanitarie in regime di libera professione intramuraria ai sensi della legge n. 120/2007 «anche con le modalita' di cui al comma 1». La disposizione segnalata non appare conforme ai principi fondamentali in materia di tutela della salute che si desumono dalla normativa interposta statale in materia di ALPI e, in particolare, dall'art. 15-quinquies, comma 2, del decreto legislativo n. 502/1992 e dalle disposizioni della legge n. 120/2007 e successive modificazioni ed integrazioni che non prevedono la possibilita' per le aziende del Servizio sanitario nazionale di acquistare prestazioni rese in regime di ALPI dai propri dirigenti sanitari. Infatti, la libera professione intramuraria - come disciplinata a livello statale - e' caratterizzata dalla scelta diretta da parte dell'utente del singolo professionista cui viene richiesta la prestazione, con oneri a carico dell'assistito medesimo. Inoltre, la possibilita', prevista dal comma 2, di acquistare «prestazioni sanitarie in regime di libera professione intramuraria ... anche con le modalita' di cui al comma 1» e, quindi, presso «strutture sanitarie private accreditate», secondo il disposto del comma 1 dell'art. 47, reitera - per le considerazioni espresse in precedenza - la violazione del principio fondamentale discendente dalla normativa statale interposta (art. 1, comma 4, legge n. 120/2007 e successive modifiche ed integrazione) secondo cui l'ALPI viene esercitata in strutture ambulatoriali interne o esterne all'azienda sanitaria, pubbliche o private «non accreditate» con le quali l'azienda stipula apposita convenzione. Sicche', in conformita' al suddetto principio, alle aziende sanitarie non dovrebbe essere consentito di acquistare prestazioni sanitarie in regime di libera professione intramuraria presso strutture sanitarie private accreditate, contrariamente a quanto previsto dal comma 2 dell'art. 47 legge regionale n. 20/2023. Infine, il comma 3 dell'art. 47, in base al quale «La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce i criteri e le modalita' di svolgimento dell'attivita' libero professionale di cui al comma 2 nonche' la valorizzazione economica dell'attivita' libero professionale da corrispondere, a prestazione, ai professionisti», sarebbe destinato a cadere per effetto della declaratoria di incostituzionalita' del comma secondo, al quale rinvia. E' evidente, infatti, che qualora fosse dichiarata incostituzionale la previsione del comma 2 che consente alle aziende sanitarie di acquistare «prestazioni sanitarie in regime di libera professione intramuraria ... anche con le modalita' di cui al comma 1» e, quindi, presso «strutture sanitarie private accreditate», il successivo comma 3 resterebbe privo di oggetto in quanto la Giunta regionale non potrebbe piu' stabilire con delibera «i criteri e le modalita' di svolgimento dell'attivita' libero professionale di cui al comma 2, nonche' la valorizzazione economica dell'attivita' libero professionale da corrispondere, a prestazione, ai professionisti». Il comma 3 e' destinato, quindi, ad essere caducato in via conseguenziale (art. 27 legge n. 87/1953) per effetto dei vizi che affliggono i commi precedenti dell'art. 47 legge regionale n. 20/2023. 3. Per costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte la generalita' degli aspetti che riguardano l'ALPI sono da ricondursi ai principi fondamentali della tutela della salute. Infatti, le norme attinenti allo svolgimento dell'attivita' professionale intramuraria, «sebbene si prestino ad incidere contestualmente su una pluralita' di materie (e segnatamente, tra le altre, su quella della organizzazione di enti "non statali e non nazionali")», vanno «comunque ascritte, con prevalenza, a quella della "tutela della salute"», rilevando, in tale prospettiva, «la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l'organizzazione del servizio sanitario regionale e, in definitiva, con le condizioni per la produzione delle prestazioni rese all'utenza, essendo queste ultime condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacita', dalla professionalita' e dall'impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi, e segnatamente di coloro che rivestono una posizione apicale» (sentenze n. 181/2006 e n. 50/2007; sentenze nn. 54/2015; 301/2013; 371/2008). Si tratta, infatti, di disposizioni che, essendo dirette ad assicurare che l'opzione compiuta dal sanitario in favore del rapporto di lavoro esclusivo non resti priva di conseguenze - in termini di concrete possibilita' di svolgimento dell'ALPI - sono anch'esse «espressione di un principio fondamentale, volto a garantire una tendenziale uniformita' tra le diverse legislazioni ed i sistemi sanitari delle Regioni e delle Province autonome in ordine ad un profilo qualificante del rapporto tra sanita' ed utenti» (sentenze n. 371/2008; n. 86/2008; n. 50/2007). Nella medesima prospettiva, sulla base del principio secondo cui le disposizioni che disciplinano l'attivita' intramuraria «rappresentano un elemento tra i piu' caratterizzanti nella disciplina del rapporto tra personale sanitario ed utenti del Servizio sanitario, nonche' della stessa organizzazione sanitaria» (sent. nn. 371/2008; 50/2007), e' stato affermato dalla sentenza n. 54/2015 che anche la disciplina del profilo soggettivo dell'attivita' intramoenia riveste la natura di principio fondamentale della materia, in quanto e' volta a definire uno degli aspetti piu' qualificanti dell'organizzazione sanitaria, ovverosia quello della individuazione dei soggetti legittimati a svolgere la libera professione all'interno della struttura sanitaria, il quale richiede una disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale. Alla stregua dei principi giurisprudenziali sopra sinteticamente richiamati, l'art. 47 della legge regionale n. 20/2023 esorbita dall'ambito riservato alla legislazione regionale, violando principi fondamentali - fissati dalla disciplina statale interposta - in materia di «tutela della salute» ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. Inoltre, il comma 1 dell'art. 47, legge regionale n. 20/2023, laddove estende la possibilita' di esercitare l'attivita' libero professionale alle strutture accreditate, configura una violazione delle norme contrattuali che sono ascrivibili alla materia di competenza esclusiva statale dell'ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. In tal senso, il recente Contratto collettivo nazionale del lavoro del 23 gennaio 2024 della Dirigenza medica, l'art. 89 comma 1, lettera c), stabilisce che «l'esercizio dell'attivita' libero professionale avviene al di fuori dell'impegno di servizio e si puo' svolgere nelle seguenti forme: (... omissis ...) c) partecipazione ai proventi di attivita' professionale richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in equipe, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione con le stesse». Per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte riconosce che tale tematica «rientra nella materia «ordinamento civile», attribuita in via esclusiva al legislatore statale dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.» (sentenze n. 146, n. 138 e n. 10/2019). Cio' comporta che le Regioni non possono alterare le regole che disciplinano tali rapporti privati (ex multis, sentenza n. 282/2004; sentenza n. 190/2022). In particolare, come chiarito da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 153/2021, le disposizioni regionali che incidono su rapporti di lavoro gia' sorti, determinandone in maniera minuta, e con effetti immediati, aspetti essenziali e qualificanti in modo difforme dalla disciplina contrattuale, possono realizzare un'indebita sostituzione della fonte di disciplina del rapporto di lavoro individuata dalla legge statale nella contrattazione collettiva (ai sensi art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 165/2001). Il comma 1 dell'art. 47 legge regionale n. 20/2023 viene, quindi, a modificare quanto previsto dall'art. 89, comma 1, lettera c), del Contratto collettivo nazionale del lavoro della Dirigenza medica il quale conferma il principio, piu' volte richiamato, secondo cui la libera prestazione intramuraria avviene «in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata», invadendo quindi la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile che riserva alla contrattazione collettiva la disciplina dei rapporti di lavoro. Infine, la disciplina regionale contenuta nell'art. 47 della legge regionale n. 20/2023, ampliando per i dirigenti sanitari dipendenti dal Servizio sanitario regionale l'ambito di operativita' dell'ALPI, frustra le esigenze di uniformita' sottese alla disciplina statale della libera professione intramuraria, dando luogo ad una irragionevole disparita' di trattamento rispetto al personale sanitario medico che opera in altre Regioni, in violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Per i motivi dedotti, si promuove questione di legittimita' costituzionale dinanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale dell'art. 47 della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2023 n. 20.